5 Ottobre 2024

A proposito di errori, di colpe e di crimini. Atto secondo

L’intervento, a firma del Consiglio Direttivo dell’OMCeO Piacenza, a seguito delle recenti vicende di cronaca giudiziaria, riportate dagli organi di informazione locale, che vedono coinvolti alcuni medici dell’ospedale di Piacenza. “Serve – sottolinea il Consiglio – una specifica legge che disciplini la responsabilità professionale del medico, nei suoi vari aspetti e con le sue peculiarità, e serve una soluzione certa e praticabile per la copertura assicurativa del rischio professionale”. Il testo è stato pubblicato su “Libertà” del 14 giugno 2015.

 

Nel novembre 2012 questo Consiglio ha ritenuto doveroso intervenire a tutela dei propri iscritti e della dignità della professione medica, messa a dura prova da notizie diffuse da giornali e televisioni nazionali che riferivano di medici accusati di associazione per delinquere, peculato, corruzione, falso in atto pubblico, truffa ai danni del S.S.N., sperimentazioni cliniche senza autorizzazione.

In tale occasione avevamo espresso la nostra fiducia nell’opera della Magistratura ed avevamo detto chiaramente che “i criminali devono essere puniti, qualunque sia la loro attività o professione; e se sono medici devono essere sanzionati anche dall’Ordine professionale, in misura correlata alla gravità della colpa.”

Siamo ancora oggi convinti che gli atti criminosi dei medici danneggino non solo i loro pazienti ma anche i loro colleghi onesti, che sono la stragrande maggioranza e che meritano di essere rispettati e protetti da quella che avevamo definito “ingiusta e generalizzata criminalizzazione degli iscritti e dall’uso strumentale della gogna mediatica contro una professione alla quale si chiede di coniugare la equità e l’efficacia della assistenza, senza pregiudicare la qualità della assistenza, in un contesto di risorse economiche ridotte e di richieste e bisogni di cura crescenti.”

Non c’è dubbio che i medici debbano curare ogni paziente nel miglior modo possibile, ma non ci si può illudere e non si può pretendere che riescano a guarire ogni malattia e ad evitare ogni possibile errore. I medici sono uomini e donne, e non sono onnipotenti nè infallibili.

La medicina poi non è una scienza esatta, nella quale esiste un solo modo di agire correttamente, ma un’arte, nella quale ogni medico esprime la propria formazione ed esperienza, unite alla sensibilità ed intuizioni sue proprie.

Anche per questo non si può equiparare un errore professionale ad una colpa o ad un crimine, ad eccezione dei casi in cui sia stata dimostrata una grave e certa responsabilità determinata da imperizia e/o imprudenza.

 

Nei giorni scorsi abbiamo letto su “Libertà” due articoli a firma Fulvio Ferrari titolati “Garza lasciata nel torace, medico a giudizio” e “Morì dopo un intervento: sette medici a processo” che trattano due tristi vicende sanitarie che hanno portato al rinvio a giudizio di una cardiologa, di sei chirurghi e di un anatomo-patologo del nostro ospedale, dei quali vengono indicati nomi e cognomi.

Sappiamo bene che il giornalista deve considerare il diritto alla informazione dei cittadini, e che deve rispettare la persona, la sua dignità ed il suo diritto alla presunzione di innocenza, fino alla eventuale condanna definitiva.

Il giornalista deve anche avere la massima cautela nel diffondere nomi ed immagini di persone incriminate per reati minori, salvo casi di particolare rilevanza sociale.

Ci rendiamo perfettamente conto che Fulvio Ferrari si è trovato nella difficile situazione di dover dare conto ai lettori di un fatto penalmente rilevante, dibattuto in udienza pubblica, e che era dunque legittimato a corredare i suoi articoli con le generalità degli accusati. Se i nostri colleghi hanno sbagliato e se hanno responsabilità professionali nei confronti dei loro pazienti sarebbe sacrosanto corrispondere un giusto indennizzo ai pazienti o ai loro famigliari per i danni subiti a causa dei loro errori.

Ma per arrivare a questo, c’era bisogno di un processo penale?

La legge Balduzzi non aveva sancito la depenalizzazione della colpa lieve del medico, spostando in sede civile il risarcimento del danno subito dal cittadino?

La Corte di Cassazione, in una sentenza del gennaio 2013, non ha recepito tale norma, confermando che lo strumento penale è inutile e inefficace nel caso di errori medici? Per evitare queste inutili ed ingiuste sofferenze serve una specifica legge che disciplini la responsabilità professionale del medico, nei suoi vari aspetti e con le sue peculiarità, e serve una soluzione certa e praticabile per la copertura assicurativa del rischio professionale.

Nella attesa che questo si realizzi possiamo solo vigilare sull’operato dei medici, sollecitare gli avvocati ad una attenta valutazione  delle azioni legali promosse a fini risarcitori ed i giornalisti ad una descrizione dei fatti e ad una titolazione che non cedano alla tentazione di suggestioni di stile e di tono adatte al romanzo o addirittura al libro giallo più che alla cronaca, tenendo sempre in massimo conto il fatto che in casi di questo tipo la probabilità di una reale colpa viene acclarata in meno del 20% dei casi e che la presunzione di innocenza è doverosa, fino a prova contraria.

Non sappiamo se questo sarà sufficiente, ma riteniamo di doverlo fare, nell’interesse della collettività ancor prima che dei medici, perché la paura di sbagliare ed il terrore di una denuncia provocata da un errore non aiutano il medico a svolgere serenamente la sua attività professionale e lo inducono ad atteggiamenti difensivi che possono avere gravi ripercussioni sui pazienti, di carattere clinico ed economico.

Il Consiglio Direttivo dell’OMCeO Piacenza

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