Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, con sentenza 7544/2023, ha respinto il ricorso “per l’efficienza delle pubbliche amministrazioni ai sensi dell’art. 1, comma 1, d.lgs. 198/2009” (c.d. class action pubblica) -, presentato dal dott. Franco Picchi, contro la Fondazione ENPAM nonché contro il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali e il Ministero dell’Economia e delle Finanze, finalizzato all’adozione di tutti gli atti necessari “per ripristinare il corretto svolgimento della funzione amministrativa riguardante la tutela previdenziale degli iscritti alla gestione previdenziale Fondo Generale ENPAM-Quota B, affidata ex D.Lgs 509/94 alla Fondazione ENPAM […] sotto la vigilanza del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali di concerto con il Ministero dell’Economia e delle Finanze […]”, correggendo le misure regolamentari adottate nei confronti di tali iscritti dopo la riforma previdenziale ENPAM del 2012, ritenute “inique e discriminatorie”.
“Le pretese del ricorrente relativamente al riordino della normativa previdenziale della Fondazione – rilevano i giudici, che hanno dichiarato il ricorso “inammissibile” – avrebbero dovuto formare oggetto di proposte da indirizzare agli organi statutari che – in quanto rappresentativi e portatori degli interessi di tutti gli iscritti sono abilitati ai sensi delle disposizioni di cui al d.lgs. n. 509/1994 ad esprimere, nell’ambito delle procedure delineate dallo Statuto medesimo, le istanze di modifica ordinamentale, che vanno poi sottoposte all’approvazione dei Ministeri vigilanti”. “In definitiva – aggiungono -, il ricorrente pretende di utilizzare lo strumento giurisdizionale introdotto dal Legislatore (la class action, ndr) per fini ultronei rispetto a quelli perseguiti dalla norma, da un lato nel tentativo di superare ed eludere le competenze degli Organi istituzionali rappresentativi della Fondazione e dei suoi iscritti, ai quali soltanto spetta il compito di promuovere riforme degli assetti pensionistici, e dall’altro, al fine di eludere le decadenze e le preclusioni oramai maturate, non avendo a suo tempo impugnato le delibere dell’Ente e le relative approvazioni da parte dei Ministeri a ciò preposti che, con il ricorso in esame, vengono censurate per la prima volta a distanza di oltre un decennio dalla loro emanazione”.
Con altra sentenza (7534/2023), ma connessa alla precedente, il Tar del Lazio ha rigettato – in quanto ritenuto “infondato” – un secondo ricorso, presentato dallo stesso Picchi, con il quale si chiedeva la pubblicazione, sul sito internet della Fondazione ENPAM, della notizia della presentazione di un ricorso “class action”.