6 Ottobre 2024

CAO Piacenza: legionellosi e studi odontoiatrici, un webinar per fare il punto

“La Legionella è ovunque ed è sempre più difficile individuare il luogo di esposizione, l’attività odontoiatrica non è assolutamente tra quelle ad alto rischio”. Lo ha spiegato il dottor Renato Mele, relatore del webinar organizzato il 17 novembre dalla CAO Piacenza – dal titolo “Tutto quello che avreste voluto sapere sulla Legionella, ma non avete mai osato chiedere” – per fare il punto su un argomento particolarmente sentito da Medici ed Odontoiatri per il ricorrente supposto coinvolgimento di strutture sanitarie o di studi dentistici nella trasmissione di questa infezione.

La Malattia del Legionario, più comunemente definita legionellosi, è un’infezione polmonare causata dal batterio Legionella pneumophila. “Del batterio Legionella – ha spiegato Mele nel suo intervento – sono state identificate più di 60 specie diverse, suddivise in 71 sierotipi. Le legionelle sono presenti negli ambienti acquatici naturali e artificiali (acque sorgive, comprese quelle termali, fiumi, laghi, fanghi, ecc.), da cui raggiungono quelli artificiali, come condotte cittadine e impianti idrici degli edifici, quali serbatoi, tubature, fontane e piscine, che possono agire come amplificatori e disseminatori del microrganismo. La legionellosi viene normalmente contratta per via respiratoria mediante inalazione, aspirazione o microaspirazione di aerosol contenente Legionella, oppure di particelle derivate per essiccamento. Le goccioline si possono formare sia spruzzando l’acqua che facendo gorgogliare aria in essa, o per impatto su superfici solide. La pericolosità di queste particelle è inversamente proporzionale alla loro dimensione. Sono stati inoltre segnalati in letteratura casi di legionellosi acquisita attraverso ferita”.

Fattori predisponenti sono “l’età avanzata, il fumo di sigaretta, la presenza di malattie croniche, l’immunodeficienza”. Il rischio di acquisizione della malattia “è principalmente correlato alla suscettibilità individuale del soggetto esposto ed al grado d’intensità dell’esposizione, rappresentato dalla quantità di Legionella presente e dal tempo di esposizione. È inoltre importante la virulenza e la carica infettante dei singoli ceppi di Legionella, che, interagendo con la suscettibilità dell’ospite, determinano l’espressione clinica dell’infezione”. “Malgrado il carattere ubiquitario di Legionella – ha sottolineato il dottor Mele -, la malattia umana rimane rara. Il tasso di letalità (numero di decessi in rapporto ai malati di legionella) dipende da alcuni fattori specifici come gravità della malattia, appropriatezza del trattamento antibiotico iniziale, luogo in cui è stata contratta l’infezione e condizioni pregresse del paziente. Secondo l’Istituto Superiore di Sanità, la letalità da Legionella è circa il 10% nei casi comunitari, cioè i casi in cui la malattia viene diagnosticata ma non si riesce a scoprirne l’origine, e circa il 50% nei casi ospedalieri.

Tra le utenze maggiormente sottoposte al rischio di contaminazione figurano strutture turistiche, hotel e campeggi, case di cura, ospedali e cliniche, scuole e impianti per attività sportive, piscine, stabilimenti termali e spa: “Data la sua attuale ubiquità – ha però evidenziato Mele -, non è sufficiente riscontrare la presenza di legionella nel luogo ove si presume sia avvenuto il contagio, ma è necessario isolare lo stesso ceppo individuato sul soggetto infetto: questo è avvenuto solo in poche circostanze, di solito quelle in cui si erano verificati casi multipli. Solo a queste condizioni si può ragionevolmente ritenere di aver individuato la fonte di infezione”.

La legionellosi dal 1983 è soggetta a notifica obbligatoria in Italia e in Europa; le schede predisposte vengono inviate al Registro Nazionale della Legionellosi, coordinato e gestito dal Dipartimento di Malattie Infettive dell’Istituto Superiore di Sanità. Annualmente vengono presentati i risultati dell’analisi delle schede di sorveglianza compilate per cittadini italiani o stranieri ricoverati in Italia. Gli ultimi dati a disposizione (2021) parlano di 2.726 casi di legionellosi (+32% rispetto al 2020), dei quali 2.278 comunitari e 448 con esposizione a rischio nei dieci giorni precedenti, con incidenza pari a 46,00 casi per milione di abitanti (nel 2020 era di 34,3). Tra i 448 casi di esposizione a rischio, quelli nosocomiali (102 in tutto, a carico di 79 ospedali, di cui 11 hanno riportato “cluster”, cioè casi multipli) presentano una letalità del 40,5%; l’età media dei casi nosocomiali è 72,4 anni, mentre le patologie alla base del ricovero erano: cronico-degenerativo (42,5%), neoplasie (31,25), malattie infettive (18,8%), altre patologie (7,5%).

Tra le domande specifiche all’interno delle schede di sorveglianza, anche la richiesta al paziente di indicare eventuali cure odontoiatriche alle quali è stato sottoposto nelle due settimane precedenti l’esordio della malattia: come riferito dal dott. Mele – che ha analizzato i rapporti annuali dell’Istituto Superiore di Sanità a partire dal 2001 – solo in una minima percentuale di casi viene riportata nelle schede una cura odontoiatrica nei quindici giorni precedenti la comparsa dei sintomi (si va dall’1,2% nel 2001 allo 0,84% del 2019). “Dal rapporto annuale del 2017 – ha quindi rimarcato il relatore – il riferimento alle piscine e agli studi dentistici passa per la prima volta all’interno dei “casi comunitari”, lasciando intendere che, anche all’esame degli stessi relatori, numeri e la genericità di tali frequentazioni rendono quei casi di attribuzione molto dubbia”.

“Alcune manovre odontoiatriche, che richiedono l’uso di spray di acqua, possono teoricamente prestarsi alla trasmissione della legionella, in passato almeno in un caso si è presentata questa circostanza. Tuttavia – precisa il dottor Mele -, nonostante la particolare evidenza data alle cure odontoiatriche nella scheda di rilevazione, la frequenza rilevata risulta costantemente modesta se non irrilevante, probabilmente pari a quella di un campione di soggetti sani a cui venisse rivolta la stessa domanda (cure odontoiatriche nelle due settimane precedenti). L’infezione predilige soggetti portatori di altre e spesso gravi patologie e, come tali, difficilmente sottoposti a concomitanti cure odontoiatriche. Appare poi evidente l’importanza della durata dell’esposizione all’agente patogeno: le prestazioni odontoiatriche non hanno tali caratteristiche perché non comportano lunghe permanenze negli studi. Parlando dei casi multipli, questi si verificano sempre in luoghi di soggiorno o permanenza di numerosi soggetti contemporaneamente: gli studi odontoiatrici non hanno tali caratteristiche. Non risultano infine dati capaci di stimare l’importanza dell’aria condizionata di impianti di notevoli dimensioni nella diffusione della patologia; nella maggior parte dei casi, gli studi odontoiatrici sono di dimensioni medio piccole e come tali lo sono altrettanto gli impianti di condizionamento, laddove presenti”.

“Negli studi odontoiatrici – l’opinione del relatore – sono necessarie e doverose alcune precauzioni, ma non particolarmente diverse o superiori a quelle da prendere in circostanze più quotidiane, comunque direttamente proporzionali alla modesta frequenza riscontrata attraverso i dati ufficiali dell’Istituto Superiore di Sanità. Ogni obbligo più pesante risulterebbe ingiustificato scientificamente e giuridicamente sproporzionato”. “A breve – ha quindi concluso il dott. Mele –  l’Italia recepirà la nuova Direttiva Europea 2020/2184, relativa alla qualità dell’acqua destinata al consumo umano, emanata dal Parlamento Europeo e dal Consiglio d’Europa il 16 dicembre 2020, in cui la Legionella è indicata tra i patogeni dell’acqua che devono essere controllati negli impianti idrici degli edifici. Ben vengano nuove norme su patogeni e salubrità dell’acqua, ma che siano tarate in base alle conoscenze scientifiche sulla rischiosità delle varie attività: l’attività odontoiatrica non è assolutamente tra quelle ad alto – ma nemmeno a medio – rischio”.

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